In questo articolo ci riferiamo a una forma di dipendenza così estrema da essere patologica.
I soggetti che soffrono di disturbo dipendente di personalità:
sono incapaci di prendere decisioni da soli;
sono insolitamente sottomessi;
hanno sempre bisogno di rassicurazioni;
riescono ad avere una buona qualità della vita solo se altre persone si prendono cura di loro.
Il comportamento dipendente e sottomesso è finalizzato a ottenere protezione, e nasce da una percezione di sé inadeguata. Il paziente si sente incapace di rispondere correttamente alle istanze del contesto sociale senza l’aiuto di un’altra persona che lo protegga.
Sommario dell’articolo:
Il disturbo dipendente di personalità – Come guarire
Sintomi del disturbo dipendente di personalità – Per guarire, il primo passo è conoscerli
Il tratto caratteristico dei pazienti con questa patologia è la necessità esagerata di mantenere sempre rapporti interpersonali che diano un senso di accudimento e protezione. Elenchiamo i sintomi principali di questa condizione patologica:
Grande difficoltà a prendere decisioni quotidiane: senza un’eccessiva quantità di consigli e rassicurazioni da parte degli altri, il soggetto fa molta fatica a prendere decisioni.
Passività: per un soggetto con disturbo dipendente di personalità è difficile prendere l’iniziativa e ad assumere la responsabilità per la maggior parte dei settori della vita.
Difficoltà a esprimere il disaccordo: si evita lo scontro con le persone da cui si desidera supporto e accudimento
Mancanza di progettualità: la persona con disturbo dipendente di personalità non riesce a fare progetti per il futuro.
Sottomissione e sacrificio: la necessità di mantenere un legame importante spesso porta a relazioni sbilanciate o distorte. Si fanno sacrifici straordinari o si può arrivare a tollerare l’abuso verbale, fisico o sessuale.
Paura di restare da soli.
Relazioni frequenti: quando termina una relazione importante (per es., la rottura con un amante, la morte di una figura protettrice), si cerca con urgenza un’altra relazione che fornisca la cura e il supporto di cui si ha bisogno.
Disturbo dipendente di personalità o borderline – Come distinguere le due patologie?
Entrambe queste patologie sono accomunate dalla paura dell’abbandono. Nel DSM-5 vengono elencati i criteri che permettono di individuare le due patologie nelle loro manifestazioni differenti.
Disturbo dipendente di personalità o borderline – I criteri del DSM-5
Il DSM-5 individua alcuni criteri per la diagnosi differenziale, cioè per formulare la corretta diagnosi tra le due possibilità.
Qui di seguito elenchiamo i criteri fondamentali per stabilire se il soggetto è affetto da questa patologia.
Disturbo borderline di personalità – Il primo criterio del DSM-5
Il primo criterio descritto nel DSM-5 chiarisce che il timore dell’abbandono nel paziente sfocia in sentimenti di rabbia eccessiva e inadeguata al contesto. Questa manifestazione non si verifica nel disturbo dipendente di personalità in cui il panico suscitato dal rischio dell’abbandono si esprime in un atteggiamento di sottomissione del soggetto.
Nei pazienti con disturbo borderline della personalità l’angoscia indotta da un imminente abbandono determina importanti sconvolgimenti dell’immagine di sé, del comportamento, delle caratteristiche cognitive e dell’umore.
Disturbo dipendente di personalità – Il quinto, il settimo e l’ottavo criterio
Nel DSM-5 alcuni criteri individuati nella trattazione del disturbo dipendente di personalità aiutano a delineare correttamente la sua distinzione dal disturbo borderline. Si tratta del quinto, del settimo e dell’ottavo criterio.
Il quinto criterio del DSM-5 approfondisce l’estrema disponibilità alla sottomissione della persona con disturbo dipendente della personalità. Questo aspetto sottende una rappresentazione del Sé differente rispetto a quella caratteristica del disturbo borderline. Infatti, nel primo caso il paziente ritiene di essere debole, indifeso, inadeguato; nel secondo, il soggetto si vede indegno e ha bisogno del rapporto con l’altro per sentirsi competente, per acquisire un potere e una presunta invulnerabilità.
Il settimo criterio evidenziato nel DSM-5 mette in luce un’altra distinzione che permette di capire se un paziente soffre di disturbo dipendente di personalità o borderline. Quando il soggetto con questa patologia, subisce un rifiuto perché termina una relazione amorosa, si impegnacon urgenza nellaricerca di un nuovo rapporto che gli permetta di ottenere accudimento e supporto.
Questo aspetto influisce pesantemente sui rapporti interpersonali. Le persone con disturbo dipendente della personalità tendono a costruire legami generalmente stabili, sebbene siano spesso sbilanciati, non paritari. Al contrario, i pazienti con disturbo borderline della personalità hanno una vita relazionale molto più disordinata a causa delle forti oscillazioni dell’umore e dei continui cambiamenti nella rappresentazione del Sé.
Infine, l’ottavo criterio del DSM-5 fa riferimento all’eccessiva preoccupazione del paziente di essere lasciato solo a condurre la propria esistenza. Di conseguenza, il soggetto agisce con una sorta di ipertrofia nelle relazioni interpersonali, mentre gli individui con disturbo borderline mettono in atto comportamenti antisociali oppure narcisistici.
Disturbo dipendente di personalità – Come guarire con la psicoterapia
La psicoterapia dei pazienti con disturbo dipendente di personalità presenta sin dall’inizio un dilemma terapeutico: affinché questi pazienti superino i loro problemi di dipendenza, devono prima sviluppare una dipendenza nei confronti del terapeuta. Ma la dipendenza dal terapeuta spesso finisce per diventare una manifestazione del disturbo stesso.
Infatti, il problema viene elaborato in una forma specifica di resistenza, per cui il paziente vede la dipendenza dal terapeuta come una meta invece di considerarla come mezzo per raggiungere una meta.
Dopo qualche tempo questi pazienti possono dimenticare la natura della sofferenza che li ha condotti in terapia, e il loro unico scopo diventa il mantenimento del loro attaccamento al terapeuta.
Temendo la fine della terapia, possono ripetutamente ricordare al terapeuta quanto si sentano spaventati per essere sicuri che essa continui. Se il terapeuta pone in evidenza qualche miglioramento, il paziente può paradossalmente peggiorare, poiché il pensiero del miglioramento è identificato con la fine della terapia.
Un’altra comune evoluzione transferale consiste nell’idealizzazione del terapeuta; il paziente può cominciare a considerare il terapeuta come “colui che sa tutto”, e dunque desiderare di trasferire su di lui tutte le responsabilità per le decisioni importanti.
Il paziente può persino cercare di ostacolare il raggiungimento degli obiettivi terapeutici per dimostrare che non può pensare o funzionare indipendentemente dal terapeuta.
Una psicoterapia a tempo determinato può avere successo con questi pazienti perché costringe i pazienti ad affrontare le loro ansie più profonde relative alla perdita e all’indipendenza.
Dott.ssa Francesca Marta Carbotti - Psicologa Psicoterapeuta Coach Milano - Parigi Ordine degli Psicologi della Lombardia n. 03/8008 ADELI n. 759373038 - P.IVA 05559550966 C.F. CRBFNC77B52F205C