Autocompassione: come svilupparla? Ce lo spiega Elle Hunt, giornalista freelance del Guardian.
Cominciamo con una domanda: “Il tuo dialogo interno è amichevole, calmo e incoraggiante o critico e prepotente?”.
Se critico e prepotente, ecco come cambiarlo in meglio.
Il termine compassione deriva dal latino: cum insieme patior soffro.
Probabilmente la definizione più conosciuta è quella del Dalai Lama che ha definito la compassione come:
Una sensibilità verso la sofferenza di noi stessi e degli altri, unita ad un profondo impegno nel tentare di alleviarla
Molti di noi possono vedere l’autocompassione come simile alla consapevolezza o alla gratitudine: un obiettivo degno certamente, ma difficile da trasformare in una pratica abituale.
Tuttavia è possibile cambiare il nostro dialogo interiore, con benefici non solo per la nostra salute e felicità individuale, ma anche per quella della società in cui viviamo.
L’autocompassione è riconoscere davvero cosa significa essere umani: quali sono i nostri bisogni fondamentali. Promuovendo la compassione per noi stessi, dicono gli esperti, siamo più prontamente in grado di provarla per le altre persone, il che significa che il nostro approccio più gentile, più calmo ed empatico può irradiarsi verso l’esterno.
Con più mesi di isolamento che incombono, con tutta l’incertezza e l’infelicità che è probabile che porti, cambiare il tuo dialogo interiore è un piccolo e, soprattutto, gratuito passo verso la cura della tua salute mentale.
L’autocompassione è riconoscere realmente cosa significa essere umani: quali sono i nostri bisogni fondamentali
Autocompassione – Conosci l’obiettivo
L’autocompassione non è cura di sé, nel senso superficiale di acquistare dei cioccolatini e gustarli in un momento di difficoltà… né è semplicemente essere gentili.
La compassione non è semplicemente “essere carini e gentili”, ma può essere dura, definire confini, essere onesta e non disposta a dare a noi stessi e agli altri ciò che vogliono, ma piuttosto ciò di cui hanno bisogno. Ad esempio un alcolista vuole un altro drink, ma non è ciò di cui ha bisogno.
Paul Gilbert, psicologo clinico e fondatore della Compassionate Mind Foundation, afferma che la compassione è meglio intesa quando si rivolge alla sofferenza, sia in te stesso che negli altri, e agisci per alleviarla. Invece di trovare modi fugaci per sentirsi meglio, l’autocompassione è un modo di affrontare le esperienze dolorose, le sensazioni che ci spaventano o le memorie di traumi passati. Al posto di evitare le emozioni dolorose o provare a sopprimerle, l’autocompassione ci insegna ad affrontare ciò che ci fa soffrire.
Lo scopo è quello di essere in grado di trattarsi come farebbe un medico, suggerisce Gilbert: non solo prendere sul serio la propria sofferenza, ma aiutare ad alleviarla.
Autocompassione – Come svilupparla? Accetta il tuo cervello “ingannevole”
Il dialogo interiore negativo non è la prova di qualcosa di “sbagliato” in noi che deve essere aggiustato. E’ una caratteristica dell’essere umano.
La nostra propensione a procurarci angoscia è una funzione evoluta di ciò che Gilbert definisce il nostro cervello “ingannevole”. Il nostro complesso sistema cognitivo, in grado di immaginare, anticipare… è altrettanto incline a soffermarsi su pensieri negativi come “Se solo avessi …” e “Avrei dovuto …”. Questo innesca il sistema di protezione dalla minaccia interna/esterna.
“L’autocompassione è sempre un compromesso con l’autocritica”, afferma Gilbert. Per alcune persone, l’equilibrio è così sbilanciato che il loro critico interiore governa chi e come sono nel mondo. Non solo questa è un’esistenza miserabile, ma spesso è alla base di relazioni problematiche con droghe, alcol, cibo o lavoro, nel tentativo di trovare sollievo, oltre a problemi di salute mentale inclusa la depressione.
Autocompassione – Sintonizzati sui tuoi pensieri
Molti di noi sono diventati abili nell’evitare emozioni spiacevoli. Questo perché siamo distratti dalle nostre vite frenetiche o semplicemente siamo incapaci di far fronte e gestire ciò che potremmo scoprire. Il primo passo verso l’autocompassione è acquisire consapevolezza del nostro mondo interiore: ciò che ci provoca sentimenti di rabbia, disgusto o vergogna; come reagiamo istintivamente a queste emozioni; il contenuto (e il timbro emotivo) del nostro dialogo interno e qualsiasi blocco o resistenza che incontriamo.
Dobbiamo diventare acuti osservatori di noi stessi
Questo processo potrebbe essere difficile, specialmente per le persone che hanno subito un trauma, che potrebbero aver assorbito le parole del loro aggressore nel loro dialogo interno. Sviluppare l’autocompassione è la capacità di sentirsi al sicuro invece di essere traumatizzati – sviluppare la flessibilità nella tua mente per sviluppare una mente compassionevole.
Autocompassione – Come svilupparla? Sostieni la tua mente con il tuo corpo
Nella sua pratica, Gilbert mostra ai pazienti come aiutarsi durante la scoperta guidata di se stessi con esercizi di respirazione, rilassamento muscolare o consapevolezza. Gilbert raccomanda di prepararsi ad entrare in contatto con la propria sofferenza e con l’autocritica utilizzando il ritmo respiratorio calmante, che ha dimostrato di alleviare lo stress e l’ansia attraverso i suoi effetti sul sistema nervoso autonomo. E’ possibile trovare le istruzioni complete per svolgere questo esercizio nel libro The compassionate mind di Paul Gilbert e se volete allenare da subito la pratica del ritmo respiratorio calmante potete visitare il sito soundcloud.com
E’ utile capire l’autocritica come un dialogo tra due aspetti del sé. C’è una parte di te che sta davvero attaccando, arrabbiata e ostile, e c’è un’altra parte di te che riceve la critica e si sente sconvolta e ferita. Vedendolo come una relazione, puoi uscirne e relazionarti al conflitto in un modo diverso. In terapia, i pazienti differenziano tra questi aspetti del sé sedendosi su sedie diverse per dar loro voce, o personificandoli con forme o caratteristiche. Si tratta quindi di immaginare il tuo dialogo interiore come quello di due estranei per strada e di descrivere la loro relazione. Spesso le persone dicono: “Beh, è davvero offensivo “. Non appena puoi vederlo come esterno da te, puoi vederlo più chiaramente. Può anche far luce sulle origini del tuo critico interiore ricordando la tua dinamica con un genitore, un insegnante o un collega.
Autocompassione – Come svilupparla? Trattati come faresti con un amico
Nina Savelle-Rocklin, psicoanalista di Los Angeles e autrice di The Binge Cure: 7 Steps to Outsmart Emotional Eating, dice che molti di noi hanno imparato a negare o soffocare il nostro dolore durante l’infanzia, lasciandoci senza l’idea di come calmarci nella vita successiva.
Il primo passo da attuare è particolarmente importante, afferma Savelle-Rocklin e consiste nel dire a noi stessi “Non è così male“, “Andrà bene“, “Guarda il lato positivo” quando stiamo attraversando una sofferenza. Savelle-Rocklin dice: “Se non lo diresti a un amico, non dirlo a te stesso”. Può essere di aiuto anche non usare una voce aggressiva o parole critiche nel dialogo con te stesso.
Autocompassione – Osserva il tuo timbro di voce
Non è solo quello che dice il tuo dialogo interiore, ma anche il modo in cui lo dice è importante. Savelle-Rocklin ricorda una cliente che cercava di consolarsi con un timbro di voce sconfitto, pessimista. Parlare a te stesso con calore e gentilezza può sembrare un “abbraccio verbale” attivando il ricordo fisiologico di sentirsi al sicuro, dice Savelle-Rocklin.
Mantenere una postura aperta e eretta e un’espressione facciale amichevole possono influenzare in modo simile la tua mente, anche se non riflette come ti senti, dice Gilbert.
Autocompassione – Come svilupparla? Crea un’altra voce
Non è realistico aspettarsi di mettere a tacere il tuo critico interiore, ma puoi allenare un’altra voce per contrastarlo. Costruire un nuovo dialogo è più positivo e pieno di speranza che pensare: “Devo combattere il critico“. Puoi iniziare immaginando un amico o un familiare a cui importa di te che risponde per tuo conto.
Autocompassione – Favorisci i flussi di compassione
La compassione ha tanto a che fare con le nostre relazioni con le altre persone quanto con noi stessi, dice Gilbert. Promuovere connessioni e modi in cui possiamo prenderci cura degli altri è importante. Quando ci sentiamo supportati dagli altri e al sicuro, ci sentiamo maggiormente in grado di estendere supporto e compassione agli altri. L’obiettivo è creare una “mentalità compassionevole” in cui non solo proviamo compassione per noi stessi e gli altri, ma siamo anche aperti a riceverla, dice Gilbert.
Autocompassione – Come svilupparla? Riconosci le forze contro di te
La difficoltà nel promuovere l’autocompassione è che gran parte della vita moderna è orientata verso la competizione. Tutto questo innesca il nostro sistema di minacce, facendo emergere il peggio nel nostro cervello primitivo. Un principio della “Terapia incentrata sulla compassione“, che Gilbert ha sviluppato, è riconoscere che l’autocritica è una risposta del tutto ragionevole al “nuotare in un fiume in cui non dovremmo nuotare”, dice. “Ciò che tende a risiedere nell’autocritica è questa paura di non essere abbastanza bravi, di essere licenziati o svalutati, visti come indesiderabili. Ma viviamo in una società che è costantemente, dal giorno in cui nasciamo, a giudicare, valutare… Nessuno ci insegna come affrontare la sofferenza ” dice Gilbert.
Autocompassione – Abbraccia la pratica
Imparare a essere compassionevoli richiede disciplina quotidiana, proprio come se vuoi restare in forma sul piano fisico.
Se vuoi sentire i benefici … devi impegnarti!
La parte più difficile è concederti il permesso di farlo e accettare di meritare di essere in pace con te stesso. Prendere questo impegno segna l’inizio di un “viaggio permanente“.
Per concludere cosa vuoi fare? Vuoi portare con te la tua autocritica o il tuo amico compassionevole?
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Dott.ssa Francesca Marta Carbotti - Psicologa Psicoterapeuta Coach Milano - Parigi Ordine degli Psicologi della Lombardia n. 03/8008 ADELI n. 759373038 - P.IVA 05559550966 C.F. CRBFNC77B52F205C